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Percorsi guidati

La raccolta di fotografie presenta una modalità di consultazione per PERCORSI. Un percorso raccoglie più fotografie secondo un contesto temporale, di soggetto e/o tematico.

 

Le osterie di Chiuppano

Osterie a Chiuppano sono documentate perlomeno fin dal ‘500, ma certamente risalivano a ben prima; per esibire documentazione basti citare un breve passo della relazione inviata nel 1584 al vescovo di Padova dal parroco don Paolo Peroli preoccupato per l’inclinazione di taluni fedeli a frequentare “ certi ridutti publici di giochi e de dadi et carte in giorno di festa”; dunque in un paese di 375 abitanti vi erano già più osterie; una delle più attive era quella di Bessè, dove si stava sviluppando una intensa attività economica. Fra i gestori troviamo tale Mattio Rubin, proveniente da Campese “oste che fa da mangiare e fa pane” e poi “Giobatta Tribia, hosto in Bese”. Fra settecento e ottocento in località Costo sorsero parecchie osterie con servizio di ristoro per i carrettieri che salivano in altopiano; ne ricordiamo alcune: La Riva, Volpato (più tardi noto come il bar della Scienza), Bastianòn, la Pesa. In paese dalla fine dell’ottocento con l’avvio del Cotonificio Rossi e la rapida crescita della popolazione crescevano le osterie fino a raggiungere nel censimento del 1927 il ragguardevole numero di 16, quando il comune contava 2400 abitanti; il numero si manterrà sostanzialmente invariato fino al secondo dopoguerra. Da ricordare nel cuore del novecento l’esercizio di Tita Osto in piazza davanti all’antica chiesa di San Daniele, il Cappello e l’osteria della Ida Micheletta in Via Roma, il bar alla Colonna di Piai in via Colere, le Canossiane in contrà Lunga, l’osteria da Borgo e quella al Castello in via Rossi. Più recenti i bar dei ristoranti Continental in via Tedesca e Gatto Nero sulla statale in via Granatieri di Sardegna. Le osterie più importanti disponevano sempre di un campo di bocce. Ma nei tempi andati bastava poco per mettere in piedi una osteria, che spesso consisteva in un piccolo locale, adibito quasi esclusivamente alla mescita di vino, vedi il locale di Francesco Sartore in via Stradelle o l’osteria da Algisto prossimo alla Crosara. In Marola esisteva nel secolo scorso la sola osteria della famiglia Toniolo.


Juventina Chiuppano

La società di calcio chiuppanese nacque con l’affiliazione ufficiale alla FIGC nell’anno 1951 per iniziativa di don Angelo Baldan, che arrivato in parrocchia come cappellano nel 1947, ne fu il primo presidente. Tuttavia già qualche tempo prima i giovani Idalmino Piai e Claudio Dal Santo avevano dato vita a una prima esperienza di squadra paesana. Grazie alla mobilitazione della comunità si raccolsero i fondi necessari a partecipare al campionato di terza categoria (allora detto di seconda divisione) per la stagione 1951/52 sopperendo, anche con l’aiuto di un piccolo contributo comunale, agli oneri per sostenere le attività sportive e per l’affitto del terreno di gioco in località Costo (area Federle per lire 41.00 annue) dove si attrezzò alla meglio il primo campo sportivo. I giocatori di una partita fra celibi e ammogliati, che andava di moda nel dopoguerra donarono la prima muta di maglie e l’Azione Cattolica maschile offrì un pallone di cuoio nuovo che ebbe un costo di lire 4000.


Inaugurazione del Ponte dei Granatieri

Il ponte fu costruito per migliorare la viabilità verso l’altopiano dei Sette Comuni e per eliminare il passaggio del traffico nel centro storico di Caltrano; nell’anno 1955 lo stato stanziò un contributo di 170 milioni di lire per la sua realizzazione e l’amministrazione provinciale di Vicenza pensò al resto fino alla copertura della spesa per un totale di lire 255 milioni. In breve tempo l’ardito viadotto, intitolato ai Granatieri di Sardegna, difensori del Cengio nella Grande Guerra, fu portato a compimento tanto che poté essere inaugurato il 24 novembre 1957. Presenti alla cerimonia inaugurale furono il ministro dei lavori pubblici senatore Giuseppe Togni, il presidente della provincia Giorgio Oliva, i senatori Bortolo Galletto e Giustino Vamarana con il sindaco di Chiuppano Clemente Dal Pra. Dati tecnici: il ponte si eleva a circa 40 metri sul greto dell’Astico e l’arcata centrale ha una luce di 200 metri. Progetto: Ufficio Tecnico Provincia di Vicenza, con la collaborazione dell'Ing. Dino Altieri di Thiene. Calcoli cemento armato: Ing. Vittorio Ronconi di Venezia.Direttore dei lavori: Ing. Flaviano Urbani. Impresa costruttrice: Simonetti e Guaraldo di Treviso, a firma del progettista Ing. Vittorio Ronconi. Collaudatore: Ing. Aldo Cremese, Ispettore Generale del Genio Civile.


Inaugurazione della centrale idroelettrica in località Bessè.

Dalla notte dei tempi l’acqua dell’Astico servì a dare energia a numerose attività produttive della frazione di Bessè: mulini, magli, cartiere. Alla metà del novecento la Lanerossi, per alimentare i suoi stabilimenti, vi fece costruire una grande centrale idroelettrica capace di generare 15 milioni di KW annui. L’opera, tuttora funzionante, attinge dalla località Meda l’acqua, che viene convogliata in una lunga galleria fino allo scarico di una condotta verso due turbine con un salto di una trentina di metri. L’edificio fu inaugurato il 21 marzo 1954 alla presenza del prefetto di Vicenza, del sindaco di Chiuppano Clemente Dal Pra, del ministro americano John Henry Tasca e dei più alti dirigenti della Lanerossi. La centrale, fu intitolata al progettista dell’opera, senatore ing. Giuseppe Gavazzi, al quale per la circostanza venne eretto sul posto un bronzo, benedetto dal parroco di Chiuppano don Francesco Roncaglia.


Alluvione del '66

ll 4 Novembre 1966 avvenne un cataclisma naturale di portata storica con alluvioni disastrose in diverse parti d’ Italia, fra le quali si ricorda in particolare quella che si abbatté su Firenze. Anche il Veneto subì conseguenze drammatiche con grandi danni. Chiuppano quel giorno fu investito dalla furia degli elementi, ma il profondo alveo dell’Astico, come sempre, protesse il paese; tuttavia giù a livello del torrente passò la “brentana” più rovinosa a memoria d’uomo. Crollò il ponte del “Majo” che collegava Bessè con la sponda caltranese, poco più di una passerella in legno, che non fu più ricostruita; il canale Rossi scomparve sotto la corrente e le macchine nella centrale elettrica della Rozzola furono sommerse dall’acqua. Qui, dentro una cabina ancora esistente, stavano le pompe di sollevamento dell’acqua potabile per alimentare gli acquedotti: il sindaco Gaetano Schiavo in serata inviò sul posto, a protezione degli impianti, il dipendente comunale Asterio Dal Pra' con due idraulici chiuppanesi, tuttavia impotenti a contenere l’impetuosa salita delle acque. In generale a parte qualche smottamento, allagamento di interrati, infiltrazioni dai tetti Chiuppano non patì conseguenze gravissime, ma la paura per gli abitanti fu tanta.


Ballo ENAL

La comunità di Chiuppano si è sempre distinta per la passione per il ballo, disponendo fin dal 1926 di una sala cinematografica, che durante le feste di carnevale e in altre occasioni veniva utilizzata come locale per le danze, con grande disappunto del parroco don Roncaglia, che sul tema del ballo ebbe vivaci contrasti sia con il podestà al tempo del fascismo sia con la direzione dell’Enal e con il comune, proprietario dell’edificio, nel secondo dopoguerra. La musica del resto a Chiuppano trovò terreno fertile data la presenza di un maestro del calibro di Giovanni Bortoli e della sua scuola di fisarmonica, che generò talentuosi allievi. A metà del novecento il cinema comunale fu gestito per alcuni anni dall’Enal, una associazione dopolavoristica di orientamento laico che, oltre alla proiezione di film, non ebbe remore ad organizzare tanti veglioni danzanti e feste da ballo, molto apprezzate anche dai paesi vicini quanto mal digerite dalle autorità religiose e tuttavia tollerate dall’amministrazione comunale democristiana dell’epoca per la quale la sala rappresentava un buon introito di affitto, che si aggirava sulle 400.000 lire annue.


Cotonificio Rossi

Il Cotonificio Rossi dopo varie vicissitudini fu realizzato nell’anno 1893 e completato con la centrale elettrica della Rozzola nei primi anni del novecento; a pieno regime vi furono impiegate centinaia di maestranze, in prevalenza donne, che già nel 1907 organizzarono un duro sciopero per chiedere che fossero alleviate le aspre condizioni di lavoro con una riduzione dell’orario giornaliero e un piccolo aumento della paga. La protesta fu talmente generale e tenace che i Rossi chiesero l’intervento dei carabinieri a cavallo. Malgrado gravi pressioni le donne resistettero e alla fine lo sciopero ebbe successo, ottenendo una migliore situazione di vita nello stabilimento. Il cotonificio era chiamato “la fabbrica” per antonomasia, luogo di lavoro, ma anche luogo di divertimento quando venivano allestite le famose feste aziendali, che richiamavano un gran numero di appassionati di veglioni e balli. Queste feste periodiche erano organizzate dal dopolavoro interno e comunque viste di buon grado, se non incentivate, dalla proprietà industriale in quanto contribuivano a creare uno spirito di corpo e di appartenenza che in definitiva giovava al clima, alle relazioni e al buon andamento della produzione.


La Vaca Mora

Quando nel 1908 i contadini che stavano lavorando nei campi vedevano passare sui binari appena inaugurati la locomotiva con la sua densa scia di fumo sprigionato dalla combustione del carbone, sospendevano le attività a appoggiandosi a un rastrello, a una zappa o a una forca, davano libero sfogo alla fantasia, immaginando e comparando quella infernale macchina a una strana mucca di acciaio che attraversava di corsa la campagna. La locomotiva prese allora il nomignolo popolare di “Vaca mora”. Il treno era destinato a cambiare radicalmente la vita della gente, offrendo per la prima volta la possibilità di muoversi e spostarsi semplicemente recandosi alla biglietteria della stazione di Chiuppano, che faceva servizio anche per il comune di Caltrano. Si apriva una storia nuova, ricca di vicende umane liete e tristi; militari che partivano e che arrivavano, emigranti che lasciavano il paese ed emigranti che tornavano, sposi in partenza per il viaggio di nozze, scolaresche in gita, coscritti in festa, studenti per i quali si apriva la possibilità di frequentare scuole ed istituti un tempo irraggiungibili. Non era raro che personaggi di riguardo fossero accolti in arrivo o salutati in partenza con le robuste note della banda comunale.


I giochi di un tempo

Il novecento fu caratterizzato anche nel nostro paese dalle tradizionali feste patronali e da feste laiche come il carnevale e carnevaletto, che vedevano la partecipazione di tutta la comunità come occasione di una generale allegria intorno a iniziative forse ingenue, se valutate con i parametri di oggi, ma che in fondo erano strettamente collegate alla vita di una comunità rurale e alla sua storia; si vedano a titolo esemplificativo divertimenti come la cuccagna o il pasto delle belve (consisteva in una gara a chi consumava prima un enorme piatto di spaghetti con le mani legate dietro la schiena) o la corsa dei mussi o dentro i sacchi o la rottura delle pignatte o, più tardi, la corsa dei caretèi: in questi giochi emergevano in modo sommerso gli spettri antichi della fame e una aperta volontà di scacciarli con una parodia di usi e costumi appartenenti a tempi che stavano per essere definitivamente perduti e dimenticati, tuttavia non ancora scomparsi del tutto e lo si vedeva dal fatto che non si partecipava non tanto per vincere, ma per il gusto di esibirsi in pubblico quasi come attori sciamanici, ricevendo alla fine un piccolo premio.


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In collaborazione con Pro Loco Chiuppano